Presentazione Davide Piazza (Presidente Circolo “La Soffitta”- Vicenza)
Ringrazio per l’opportunità offertami da A.G. Cattani di presentare la sua raccolta di opere all’interno del Nirvana, un locale che è diventato nel tempo un punto di ritrovo fisso per gli artisti vicentini.
In genere il critico è una figura importante ad una presentazione pittorica: fa da tramite, interpreta, e comunica ai presenti il messaggio del pittore, trasferisce agli intervenuti, per quanto possibile, un coinvolgimento emotivo e stimolante, aiuta a intercettare le sensazioni che hanno spinto il pittore a comporre i propri quadri.
Se questa è la funzione, credo che oggi sia ininfluente la figura di questo mediatore, tanto sono leggibili, chiari, assimilabili al pubblico al primo impatto le opere di Cattani.Si addice il titolo “Il fascino discreto della quotidianità”, parafrasando lo scorrere lento della vita, è efficace nella sua essenza, il suo sguardo infatti si rivolge al quotidiano, fatto di immagini conosciute, non solo monumenti o vedute più o meno conosciuti, di grande impatto, ma si sofferma anche alle piccole cose di ogni giorno.
Una poesia scritta senza eccessi, studiata, composta, fatta di immagini semplici, raccolti nella quotidianità
della vita di ognuno di noi, basta aprire gli occhi, e osservare: basta una bottiglia, una mela, lo scorcio di un palazzo, le fronde di un albero, per riproporre un microcosmo fatto di infinito, un’ombra……
De Chirico, il grande maestro del ‘900, diceva che non c’è nulla di più misterioso nel colore di un’ombra…..
L’impianto poetico di A.G. Cattani sottintende ad una visione figurativa, fedele alla realtà, non è gestuale, la sua pennellata è istintiva, mirata a raccogliere la completa essenza delle cose.
Non è necessario per l’autore, inventare mezzi espressivi inediti per coinvolgerlo nella poetica narrativa della sua tavolozza, basta guardarsi attorno, attingere dalla infinita dispensa della realtà, dal vissuto quotidiano (come rimanda il titolo).
Non sono violenti, urlati, i suoi colori, brillanti, intriganti che rubano la scena, ma sono pacati, sobri,non fini a se stessi ma ordinati in una fusione complessa nella composizione.
I suoi quadri sono spesso contenuti nelle misure, un taglio che ben si addice e si integra con vedute colte in prospettive audaci, sembrano delle piccole incisioni, se non fosse per il colore, ridotte a poco più di icone.
A volte non riesce con la stessa intensità ad equilibrare gli spazi, ma, come un bambino che modella la sabbia e tenta con caparbietà a costruire faticosamente il suo castello, egualmente l’autore replica con la stessa impazienza nel riproporci “la Rotonda”…..
E’ inutile ricercare nei suoi quadri riferimenti di qualche maestro del ‘900, un po’ tutti hanno lasciato tracce in questa direzione, forse potremmo ritrovare qualcosa nel “realismo lirico” degli anni ’20, una pittura poetica intima che va oltre le cose, un modo nuovo di percepire i contorni di immagini ordinarie, comuni, vicine al nostro vissuto…, ma questo poco importa.
Tuttavia la sua interpretazione è moderna proprio perché è controcorrente in un mondo dove la frenesia ci stritola e non ci lascia spazio per il gusto delle piccole cose, il suo lavoro si riveste di una sua unicità, non è distratto Cattani ad altre sperimentazioni, è fedele al suo sentire, coerente con un mondo immaginario di poeta del quotidiano.
L’odierna esposizione può essere divisa in tre sezioni, per una migliore comprensione:
una prima parte legata al “midi francese” paesaggi affogati dal colore(viola, gialli,……colori cari agli impressionisti).
Una successiva sequenza che ci rimanda a ricordi di viaggio dell’America Latina, legati ad un unico tentativo di riproporci momenti vissuti.
Una serie di nature morte, e scorci della nostra terra.
E, infine una serie di paesaggi veneziani e vicentini.
Ed è proprio in questa sezione che pongo l’osservatore a cogliere significativi e interessanti messaggi dell’autore, in particolare modo su due quadri:
Piazza Matteotti e Villa Trissino.
La veduta di Piazza Matteotti è ardita nella sua composizione, perché si sviluppa su una prospettiva di 180°, mette in luce una certa abilità geometrica nella completa visione dello spazio.
Aiuta l’osservatore ad allungare lo sguardo, a partire dal colonnato di palazzo Chiericati, fino a comprendere l’esterno del teatro Olimpico e il complesso di edifici che contornano la piazza.
Non manca nulla, ogni particolare viene raccolto e riposto nella tela, ogni piccolo oggetto, …. Ogni fiore… si direbbe, eppure manca la cosa più importante perché sia vera e palpitante, manca…. la gente, ed è proprio questo che rende un clima irreali, “metafisico”, come suggerire al lettore: guarda il mondo dentro le cose.
Il secondo, non meno efficace in quanto prospettiva, ci richiama invece ad una visione fuori del tempo, il cielo infatti è irreale, egualmente come l’assenza di vita della piazza precedente, si colora di tinte inedite , acquista movimento, quasi si trattasse di un altro momento, di altri spazi, come se l’autore volesse uscire dagli schemi e dare al paesaggio una vita diversa.
L’autore ha voluto proporci un interrogativo su dove siamo, cosa vediamo o crediamo di vedere nelle cose. |